Anonima

Dove sei nata?

In Bosnia Erzegovina, a Sarajevo.

Quanti hai?

24 anni.

Dove vivi?

A Firenze.

Hai sempre vissuto a Firenze?

Sì, sono nata a Sarajevo, ma ho sempre vissuto qui.

Hai la cittadinanza italiana?

No.

Quando sei arrivata in Italia?

Quando io avevo 1 anno; a Sarajevo c’erano i bombardamenti e i miei genitori hanno deciso di andare via. Erano in condizioni difficilissime, se avevi un pezzettino di pane ed eri in dieci dovevi condividerlo e non mangiavi niente. Mi raccontavano delle bombe che scoppiavano vicino e che non c’era acqua; mia mamma ha anche abortito in quel periodo, proprio a causa delle fatiche che ha dovuto sopportare.

Hai fratelli o sorelle?

Ho un fratello più grande e due più piccoli e questi due più piccoli sono nati in Italia e hanno la cittadinanza italiana, mentre noi più grandi no.

Perché i tuoi genitori scelsero di venire in Italia?

C’erano già i familiari di mio padre che ci hanno dato una mano a capire cosa fare, dove andare… Pensavano di stare qui per un periodo, per poi spostarsi, ma dopo i miei fratelli sono cresciuti, noi tutti siamo cresciuti, eravamo già tutti a scuola e allora abbiamo deciso di rimanere qui.

Dove abitavate?

Da mio zio, in un campo nomadi.

Fino a che età hai frequentato la scuola?

Ho iniziato con l’asilo, poi ho fatto fino alla terza media. Mia madre è andata a scuola in Bosnia fino alle medie, mio padre è invece analfabeta. Alle elementari sono stata accolta come tutti gli altri bambini, ma tante volte rimani distante perché ti senti diversa. Pensavo “io sono diversa, quindi mi devo allontanare e gli altri possono stare insieme” … invece mi sbagliavo, perché gli altri si avvicinavano e chiedevano: “vuoi venire con noi?” Non mi facevano sentire diversa. Mi hanno fatto sentire a mio agio e non mi sono più sentita diversa. Ora sono orgogliosa di quello che sono.

Cosa sentivi dire dei rom?

Che i rom sono cattivi, che rubano, che vanno a elemosinare …

Cosa significa essere rom?

Io sono contenta di quello che sono, son felice, grazie ai miei genitori. Sono stata male per un periodo: quando sentivo dire “zingara” … succede a tutti noi di subirlo. IN quelle occasioni ti senti chiusa dentro te stessa, ti vergogni e ti allontani. Ora so che sbagliavo. A volte oggi io lo dico orgogliosamente e provoctoriamente: “io sono zingara!” e qualcuno mi dice: “ma zingara, proprio zingara?” e allora io rispondo che sono ciò che sono, perché non siamo tutti uguali e se qualcuno tra noi ruba, io non rubo, se qualcuno tra noi è sporco, io non sono sporca … succede anche tra gli italiani … ci sono quelli che sono razzisti e quelli che non lo sono. Io in realtà non amo la parola “zingara”, non sono zingara, io sono rom. Mi pare che spesso le persone ci mettono un passo indietro, quando vengono a sapere che siamo rom, questo dovrebbe cambiare.

E a scuola che dicevano sui rom?

C’erano quelli che ripetevano parole offensive e prendevano le distanze, poi c’erano quelli che invece sono diventati amici e che hanno anche imparato la nostra lingua. Al campo abbiamo poi avuto degli operatori che ci hanno aiutato nei compiti, noi studiavamo, i nostri compiti erano perfetti e questo ci ha aiutato a scuola. È importante che gli altri non ci tengano a distanza, che non ci facciano sentire estranei.